Il nostro investigatore privato a Taranto ci tiene a fornire queste informazioni importanti in merito alla registrazione delle conversazioni. In Italia, la registrazione delle chiamate all’insaputa dell’interlocutore non costituisce, in determinate condizioni, reato in quanto non lede la privacy (Art. 615 bis cod. pen.). Per la Corte di Cassazione, la registrazione delle conversazioni è legittima a patto che chi registra sia una delle parti che stà conversando.
Ovviamente una cosa è registrare la chiamata, altra cosa è divulgare la stessa senza il consenso di tutte le parti.
Registrare una chiamata su supporto di memoria digitale è essenzialmente equivalente a memorizzare quanto già ascoltato dal nostro udito durante la conversazione e memorizzato nella nostra mente. Vietare la registrazione equivarrebbe, in modo assurdo, a chiederci di “dimenticare” una conversazione avvenuta (Cass. sent. n. 16886/2007; C. App. Milano, sent. n. 1242/2011, Cass. sent. del 22.04.1992).
Registrare una conversazione a cui si è partecipato costituisce una sorta di “presa di appunti” che permette di riportare per iscritto quanto avvenuto durante la conversazione stessa.
Registrare si può, divulgare è reato
Ma la diffusione pubblica di una conversazione privata è vietata? Farla ascoltare a terze persone o pubblicarla su internet o sui social network costituisce infatti illecito penale.
Per poter pubblicare la conversazione è necessario il consenso di TUTTI i soggetti che vi hanno preso parte. Uno dei casi in cui è possibile divulgare la registrazione, facendola ascoltare a terzi senza violare la legge, si presenta quando è necessario tutelare un proprio diritto e far valere le proprie legittime ragioni. Questo può avvenire, per esempio, davanti al giudice nell’ambito di un processo civile o penale.
La registrazione della telefonata può essere utilizzata come prova in un processo, anche se l’altra parte non era a conoscenza di essere stata registrata. Il Codice della Privacy (Cod. Privacy art. 13, comma 5, lett. b) consente chiaramente la possibilità di effettuare di “nascosto” la registrazione della chiamata per far valere un proprio diritto in sede giudiziaria. Questi dati devono però essere utilizzati esclusivamente per quella finalità e per il tempo strettamente necessario al loro perseguimento.
Differente è il caso di un soggetto che registri le telefonate di terze parti senza il loro consenso e senza l’autorizzazione del Pubblico Ministero nell’ambito di un’indagine penale. In questo caso si tratterebbe di una intercettazione telefonica illecita. È dunque ben diverso registrare conversazioni in cui si è partecipi dal registrare conversazioni di terze persone, conversazioni in cui non si sta partecipando. Quello è sempre un reato.
Le stesse regole valgono non solo per la registrazione di una conversazione vocale, ma per tutti i tipi di comunicazione come, per esempio, una video-chiamata, una chat o una conferenza registrata con il proprio smartphone.
Per concludere, con un estratto da una sentenza di Cassazione, “Chi dialoga accetta il rischio che la conversazione venga registrata” (Cass. sent. n. 18908 del 13.05.2011).